La Corte di Giustizia UE torna ad occuparsi di tariffe professionali

La Corte di Giustizia Europea ha dovuto nuovamente occuparsi delle tariffe professionali in un contenzioso tra la Commissione Europea da un lato e la Repubblica Federale di Germania dall’altro.

In allegato alla presente (in alto) e a questo link la sentenza citata.

La materia del contendere è costituita dal mantenimento, nel diritto tedesco, di tariffe obbligatorie per le prestazioni rese da architetti ed ingegneri, che la Commissione Europea ritiene restrittive del “diritto di stabilimento” e della “libera prestazione di servizi” cosa contestata dalla Repubblica Federale di Germania che concepisce le tariffe in questione, in termini di garanzia della qualità dei servizi di progettazione, di protezione dei consumatori e di sicurezza architettonica e, quindi di tutela di interessi generali.

L’ambiente legislativo europeo nel quale si inserisce la materia è costituito dall’articolo 49 TFUE (Trattato per il Funzionamento dell’Unione Europea), relativo al “diritto di stabilimento” e dall’art. 15, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU 2006, L 376, pag. 36). L’articolo 15 è contenuto nella Sezione seconda della direttiva rubricata sotto la voce “Requisiti vietati o soggetti a valutazione” ed è dedicato ai secondi mentre dei primi (quelli vietati) si occupa il precedente articolo 14. E già la collocazione sistematica della materia tariffaria sotto l’articolo 15 segnala che essa non è soggetta ad un divieto assoluto.

Il richiamato art. 15, con un linguaggio piuttosto contorto, consente che “tariffe obbligatorie minime e/o massime che il prestatore [di servizi – n.d.r.] deve rispettare” (§ 2, lett. g), siano ammissibili quando: siano giustificate “da un motivo imperativo di interesse generale” (§ 3, lett. b) e sia rispettato il criterio di proporzionalità enunciato dal § 3, lettera c) nel senso che il provvedimento che le prevede:

  1. sia tale “da garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito“;
  2. non possa essere sostituito “con altre misure meno restrittive che permettono di conseguire lo stesso risultato“;
  3. non sia sovrabbondante rispetto al raggiungimento dell’obiettivo (non deve “andare al di là di quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo“).

Il “considerando” 40 della stessa direttiva, anche con riferimento alla pregressa giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea, chiarisce che nella nozione di “motivo imperativo di interesse generale” rientra “la tutela dei destinatari dei servizi“.

Argomenti delle parti:

La Commissione Europea, in merito al regime tariffario vigente nella Repubblica Federale di Germania, per le prestazioni degli architetti e degli ingegneri, sostiene:

  • che essa “comporta una restrizione alla libertà di stabilimento, garantita dall’art. 49 TFUE“, perché ostativa “all’ingresso sul mercato tedesco di nuovi fornitori provenienti da altri Stati membri in quanto limita le possibilità per questi ultimi, per i quali è meno agevole crearsi una clientela sul mercato tedesco, [di?] offrire prestazioni, equivalenti a quelle offerte dai fornitori già stabiliti in Germania, a prezzi inferiori a quelli previsti dalla tariffa obbligatoria o prestazioni superiori a prezzi che superano le tariffe massime previste.” (punto 19 della sentenza);
  • che “costituisce una restrizione alla libera prestazione di servizi” (punto 20);
  • che tali limitazioni “non possono essere giustificate da motivi imperativi di interesse generale

Ribatte la Repubblica Federale di Germania:

  • che il regime tariffario in contestazione è previsto in relazione a prestazioni per le quali “la garanzia di un livello di qualità elevato risponde a un obiettivo di interesse generale“;
  • che esso prevede un “elevato grado di flessibilità” che “consentirebbe ad operatori provenienti da altri Stati dell’Unione Europea di entrare nel mercato tedesco”;
  • che “il sistema tariffario è giustificato da motivi imperativi di interesse generale, vale a dire la garanzia della qualità dei servizi di progettazione e mira a evitare gli errori nella fase di esecuzione dei lavori la quale sarebbe così anche più rapida e mono costosa.” (punto 43);
  • che “le tariffe minime e massime sono adeguate per raggiungere l’obiettivo di qualità perseguito, dato che esiste un nesso tra il prezzo e la qualità” cosicché “se il prezzo è inferiore a un livello determinato si può presumere che tale prezzo possa essere ottenuto solo con un livello di qualità inferiore delle prestazioni” (punto 46);
  • che esiste “un rischio di «selezione avversa» sul mercato delle prestazioni di progettazione (…) poiché i consumatori non sono sufficientemente informati e non sono in grado di percepire le differenza di qualità ” e, quindi, “opterebbero sistematicamente per l’offerta più conveniente, di modo che la concorrenza sarebbe fondata unicamente sui prezzi”. Tenuto conto di tale asimmetria informativa tra prestatori e consumatori, (…) “sarebbe possibile restare concorrenziali e realizzare utili solo offrendo prestazioni di qualità inferiore” (punto 47);
  • che con “la fissazione di tariffe minime l’importanza del prezzo quale fattore concorrenziale” è ridotta, il che consente “di prevenire il peggioramento delle prestazioni.” (punto 48).

Il giudizio della Corte

Premesso:

  • che l’art. 15, § 2, lett g) della direttiva 2006/123, “riguarda i requisiti che subordinano l’esercizio di un’attività al rispetto, da parte del prestatore, di tariffe minime e/o massime” (punto 60);
  • che dallo stesso articolo “si evince che agli stati membri è consentito mantenere o, all’occorrenza, introdurre requisiti del tipo di quelli indicati al paragrafo 2 del medesimo articolo, purché essi siano conformi alle condizioni di cui al paragrafo 3” (punto 61);
  • che spetta allo Stato membro dimostrare l’esistenza di quelle condizioni (punto 64);
  • che, tuttavia, l’onere della prova “non può estendersi fino a pretendere” la dimostrazione “in positivo che nessun altro possibile provvedimento permetta la realizzazione dello stesso obiettivo alle stesse condizioni” perché ciò equivarrebbe a “privare lo Stato membro interessato della sua competenza normativa nel settore considerato” (punto 64).

Nel merito la Corte, ricordato che la Repubblica Federale di Germania giustifica le tariffe minime con gli obiettivi di tutelare la “qualità delle prestazioni di progettazione, di tutela dei consumatori, di sicurezza delle costruzioni” ecc. (punto 60),

riconosce:

  • che gli obiettivi relativi alla qualità dei lavori e alla tutela dei consumatori sono stati individuati dalla Corte, in precedenti pronunce, come motivi di interesse generale (punto 70);
  • che il considerando 40 della direttiva 2006/123 conferma che la tutela dei destinatari di servizi ecc costituiscono motivi di interesse generale (punto 72);
  • che la R.F.G. “ha sufficientemente dimostrato che (…) può esistere un rischio che i prestatori di progettazione (…) svolgano una concorrenza che può tradursi nell’offerta di prestazioni al ribasso e, attraverso una selezione avversa, persino, nell’eliminazione degli operatori che offrono prestazioni di qualità” (punto 81);
  • che “in tale contesto l’imposizione di tariffe minime può essere idonea a contribuire a limitare tale rischio” (punto 82);
  • che “l‘esistenza di tariffe minime per le prestazioni di progettazione è atta, in linea di principio, (…) a contribuire a garantire un elevato livello di qualità delle prestazioni” (punto 88);

La decisione.

Nonostante tutto ciò la R.F.G. è risultata soccombente perché la previsione di tariffe minime e massime non rispetta, a giudizio della Corte, la prima delle condizioni prevista dall’art, 15, comma terzo della direttiva 2006/123 e cioè la garanzia della realizzazione dell’obiettivo perseguito;

in effetti nel diritto tedesco le prestazioni di progettazione non sono riservate a determinate professioni soggette alla vigilanza obbligatoria in forza della legislazione professionale o da parte degli ordini professionali cosicché anche altri prestatori di servizi che non siano architetti o ingegneri e, quindi, non soggetti a regolamentazioni professionali, possono fornire tali prestazioni, per cui il conseguimento del risultato perseguito dall’introduzione di tariffe che, ovviamente, riguarderebbero solo le figure professionali regolamentate, non può essere garantito.

Corollario di diritto Italiano.

“Tariffa” in ambito europeo non è una parolaccia, come ci avevano fatto credere!

Il regime tariffario abolito, almeno per quanto riguarda la nostra professione, rispettava certamente le condizioni previste dall’art. 15 § 3, lettera c) della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006 sopra richiamata e quindi, alla luce della sentenza potrebbe essere legittimamente reintrodotto;

L’obbligo del rispetto dei minimi tariffari previsti da quel sistema legittima, a sua volta, l’esercizio del potere di vigilanza e sanzionatorio conferito agli organi professionali, con buona pace dell’Autorità Garante della Concorrenza e del mercato.

Adesso le speranze dei professionisti italiani sono affidate al tavolo sull’equo compenso aperto presso il Ministero della Giustizia. Ma come si è già detto altrove l’equo compenso non è la tariffa; a parte le limitazioni soggettive, esso introduce un diritto, non un obbligo, quindi, anche se dichiarato irrinunciabile de jure è rinunciabile di fatto mediante il non esercizio del diritto corrispondente; e la rinuncia (tacita) è priva di sanzione disciplinare.

Sarebbe, quindi, il caso che in quella sede si faccia valere quanto affermato dalla sentenza UE qui riportata per ottenere che vengano accettate le proposte avanzate dai rappresentati degli Ordini professionali nella seconda riunine di quel tavolo relative alla:

• trasformazione dell’equo compenso, da diritto rinunziabile dal professionista, ad obbligo, disciplinarmente tutelato;

• ampliamento dell’ambito di applicazione eliminandone ogni limitazione di carattere soggettivo.

Con l’augurio che l’occasione non vada sprecata.

M. Giuliano

190704-corte-ue-tariffe-professionali.pdf

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