Consiglio di Stato: chi finanzia le Casse dei professionisti?

Il Consiglio di Stato, sez. VI, (sentenza 28/11/2012 n° 6014), giudicando sul ricorso da parte dell’Istituto Nazionale di Statistica, avverso una sentenza del TAR del Lazio, che aveva ritenuta illegittima l’inclusione delle Casse di Previdenza privatizzate dal d.lgs. 30 giugno 1994, n. 509, da parte dell’Istat, nell’elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato delle Stato, ha accolto il ricorso, confermando la legittimità dell’operato dell’Istat.

I precedenti normativi della sentenza sono costituiti da:

  • Decreto legislativo 30 giugno 1994 n. 504;
  • legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005);
  • provvedimento Istat del 29 luglio 2005.

Il d.lgs 504 è il noto testo legislativo che consente la trasformazione in associazioni di diritto privato “ai sensi degli articoli 12 e seguenti del codice civile”, degli enti, fino ad allora pubblici, individuati nell’elenco allegato al d.lgs; si tratta di enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie da trasformare in persone giuridiche private, come il titolo dell’elenco preannuncia. Tra essi è la Cassa Nazionale del Notariato.

La trasformabilità è sottoposta (art. 1, comma 1, in fine) alla specifica condizione che gli enti da trasformare “non usufruiscano di finanziamenti pubblici o altri ausili pubblici di carattere finanziario.” La condizione è ribadita dal 3° comma dello stesso articolo (agli enti stessi non sono consentiti finanziamenti pubblici diretti o indiretti, con esclusione di quelli connessi con gli sgravi e la fiscalizzazione degli oneri sociali).

L’art 2 comma 1 fissa due principi fondamentali:

  • L’autonomia gestionale, organizzativa e contabile;
  • La natura pubblica dell’attività svolta.

(“Le associazioni e le fondazioni hanno autonomia gestionale, organizzativa e contabile nel rispetto dei principi stabiliti dal presente articolo, nei limiti fissati dalle disposizioni del presente decreto in relazione alla natura pubblica dell’attività svolta”)

Il successivo comma 5 prevede l’ipotesi di persistente disavanzo economico e finanziario con la conseguente nomina di un commissario liquidatore.

Con quest’ultima norma lo Stato si è definitivamente ed irrevocabilmente sottratto a qualsiasi responsabilità circa il trattamento pensionistico dei professionisti. Nessuna possibilità di ritorno indietro, nessuna possibilità di salvataggio da parte di Inps. Solo la liquidazione con esclusiva penalizzazione degli iscritti.

La legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005), all’art. 1, comma 5 impone un limite di aumento annuale della spesa delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto consolidato dello Stato.

L’individuazione delle amministrazioni interessate, per l’anno 2005 è contenuta in un elenco allegato al testo di legge, per gli anni successivi è affidata ad un provvedimento dell’Istituto Nazionale di Statistica da pubblicare nella G.U. dello stato (legge 31 dicembre 2009, n. 196, art. 1 comma 3 e successive modifiche.

Nell’elenco allegato alla legge l’ultima voce riguarda genericamente gli “Enti nazionali di previdenza e assistenza sociale”

Con il provvedimento del 29 luglio 2005, l’Istat ha fatto uso della facoltà concessagli, inserendo le Casse Previdenziali dei professioniste, privatizzate, nell’elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato delle Stato.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza 6014/2012 ha dichiarato legittimo tale inserimento.

Tra le motivazioni della decisione, mi ha colpito la seconda:

il finanziamento connesso con gli sgravi e la fiscalizzazione degli oneri sociali, insieme alla obbligatorietà della iscrizione e della contribuzione, garantiti agli Enti previdenziali privatizzati dall’art. 1 comma 3 del predetto decreto legislativo [d.lgs. 30 giugno 1994, n. 509 – n.d.r.], valgono a configurare un sistema di finanziamento pubblico, sia pure indiretto e mediato attraverso risorse comunque distolte dal cumulo di quelle destinate a fini generali.

Non sono d’accordo e provo a spiegarne sinteticamente i motivi.

L’affermazione è contraddetta dalla stessa legge che ha consentito/imposto la privatizzazione la quale legge, come si è detto, condiziona la trasformabilità alla mancata fruizione da parte degli enti trasformandi di finanziamenti pubblici o altri ausili pubblici di carattere finanziario.

La stessa legge avendo incluso le Casse Previdenziali dei professionisti nell’elenco degli enti autorizzati alla trasformazione ne ha, implicitamente, certificato il possesso del requisito della mancata fruizione di finanziamenti pubblici.

Per inciso, gli “sgravi e la fiscalizzazione degli oneri sociali” non sono concessi alle Casse ma ai singoli professionisti ed, inoltre, sono espressamente previsti dal comma 3 dell’art. 1 della legge.

Inoltre la deducibilità delle contribuzioni previdenziali, nel momento del versamento, viene compensata dall’imposizione fiscale sul trattamento pensionistico, al momento della riscossione. Si tratta quindi non di un indiretto finanziamento, ma di una fiscalità differita, connessa al fatto che la contribuzione è imposta.

Ho sotto gli occhi un contratto di assicurazione che prevede un trattamento pensionistico facoltativo. Vi leggo che i premi pagati non godono di deducibilità fiscale ma, per contropartita, le somme ricevute, fino a concorrenza di quelle versate, sono esenti da imposizione fiscale e, per la parte eccedente, sono assoggettate al regime fiscale delle rendite finanziarie.

E’ applicazione del divieto di doppia tassazione.

Infine se si considera la ratio della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2015) essa riguarda la determinazione del “livello massimo del saldo netto da finanziare” da parte dello Stato); pertanto mentre è ovvio che nel bilancio consolidato dello Stato confluiscano quelli delle amministrazioni finanziate in tutto o in parte con entrate pubbliche e, quindi, suscettibili di modificare il livello del “saldo netto da finanziare” non si vede a che titolo vi debbano essere compresi i bilanci di associazioni di diritto privato che lo Stato, non solo non finanzia attualmente ma nei cui confronti si è salvaguardato da ogni possibile salvataggio avvenire con il sopra richiamato comma 5 dell’art, 2 della legge 504/1994.

Ma non tutto il male viene per nuocere.

Il provvedimento Istat e la sentenza che lo ha ritenuto legittimo, hanno fornito alle Casse Previdenziali privatizzate un pesante argomento contro i tentativi del governo di coinvolgerle nel salvataggio delle banche, attraverso il finanziamento nel fondo Atlante2, secondo la notizia pubblicata dal Corriere della Sera (Enrico Marro – 16/06/2016 pag. 31  ed. Nazionale).

Perché le norme europee vietano che questa operazione venga effettuata con fondi pubblici quali sarebbero quelli delle Casse di Previdenza professionali, le quali, per effetto del provvedimento ISTAT, figurano, ormai nell’elenco delle amministrazioni pubbliche.

Quando si dice “darsi la zappa sui piedi”!!!

M. Giuliano

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