50° Congresso Nazionale del Notariato: intervento del Presidente Asnnip

Il tema di questo 50° Congresso è il valore economico della sicurezza giuridica, sicurezza giuridica più volte invocata e auspicata quale condizione essenziale e necessaria per lo sviluppo dei rapporti economici e alla cui realizzazione il Notariato, come giurisdizione preventiva, con il controllo di legalità, apporta un contributo determinante.

E’ stato quindi un risultato politico importante per il Notariato il riconoscimento esplicito di questo suo contributo al perseguimento della sicurezza giuridica che si è avuto in sede di discussione, nelle commissioni parlamentari della Camera sul DDL concorrenza, e precisamente sull’originario art. 28 del DDL, che prevedeva lo spostamento delle competenze relative ai trasferimenti di immobili non residenziali, per valori inferiori a 100.000 euro, dai notai agli avvocati.

Sia i parlamentari componenti delle commissioni, sia i commentatori della stampa, sia soggetti della società civile, quali le più importanti associazioni dei consumatori, hanno evidenziato come il notariato, per il peculiare iter formativo, per la rigorosa selezione nell’accesso, per tutti gli obblighi e responsabilità legate alla pubblica funzione, per il regime di controlli, per l’affidabilità dei dati desunti dagli atti e inseriti nei pubblici registri, rappresenti, per i cittadin, una somma di garanzie di certezze, una rete di affidabilità che non poteva consentire limitazioni, e che è, quindi, interesse generale della collettività mantenere le competenze dei notai nella loro interezza e complessità, e che, pertanto, non solo era opportuno, ma necessario, per la tutela dei cittadini, soprattutto per quelli contrattualmente più deboli, accantonare l’articolo 28 del progetto di legge.

L’articolo 28 è stato in effetti soppresso nel testo ora all’esame del Senato.

E’ stato certamente positivo avere superato l’art. 28 del DDL, ma resta, tuttavia, grave e ancora aperto il problema rappresentato dell’art. 27, ora art. 42, nel testo depositato in Senato intitolato “misure per favorire la concorrenza e la trasparenza del Notariato” che introduce una modificazione del comma 1 dell’art. 4 della Legge notarile, eliminando dai criteri per la determinazione del numero e della residenza dei notai il riferimento sia ad un reddito professionale di almeno 50.000 euro repertoriali, sia alla quantità degli affari (quest’ultimo parametro fu eliminato in momento successivo).

Considerando che gli altri parametri dell’estensione del territorio e dei mezzi di comunicazione sono, tenuto conto dei mezzi di comunicazione attuali, di poco rilievo rimane come unico parametro quello della popolazione “procurando”, così dice il testo, “che di regola ad ogni posto notarile corrisponda una popolazione di almeno 5.000 abitanti”.

Nei lavori in commissione questo articolo (originario art. 27) ha avuto un progressivo peggioramento perché originariamente il parametro demografico era fissato in un rapporto di almeno 7.000 abitanti e si era altresì mantenuto il riferimento alla quantità degli affari.

Successivamente quest’ultimo è stato eliminato e si è scesi “da almeno 7.000 abitanti” ad “almeno 5.000 abitanti”.

L’ipotesi di una nuova sede in ogni comune con almeno 5.000 abitanti, elaborata dal Consiglio Nazionale, non venne presa in considerazione.

Considerando che la popolazione dell’Italia è oggi di circa 60.000.000 di abitanti noi oggi rischiamo di avere un numero totale di notai prossimo a 12.000.

E’ pure vero che l’art. 4 è relativo alla revisione della tabella e che il comma 2 prevede che la tabella deve essere rivista ogni sette anni ma il Ministro della Giustizia può modificarla parzialmente anche entro un termine più breve quando ne sia dimostrata l’opportunità.

Del resto anche l’attuale tabella di 6.253 sedi è la risultante di due successivi aumenti dei quali uno era di revisione ma l’altro fu fatto per legge come scelta politica al di fuori del termine sopra indicato.

Questa modifica, introdotta e sostenuta dall’ANTITRUST, è priva di qualsiasi logica distributiva e organizzativa e una sua approvazione sarebbe disastrosa per il Notariato, ancora più di quella introdotta con l’abolizione della tariffa; questo criterio, cioè il parametro riferito alla sola popolazione, non può assolutamente essere accettato.

Non si può affrontare, come ha fatto l’ANTITRUST, il problema del numero (chiuso o meglio programmato) di chi esercita una funzione pubblica, nella sola prospettiva di rendere più competitivo il sistema (o per ampliamento delle dinamiche concorrenziali (Relazione).

E in ogni caso un aumento di mille unità è già stato portato in tabella con sedi non ancora coperte e si poteva ritenere che l’incremento di concorrenza anche nella prospettiva dell’ANTITRUST fosse già auspicabilmente assicurato.

Qui si continua a fare uso di categorie concettuali e di linguaggi economici senza farsi quella che è la domanda necessaria prima di mettere mano ad una pubblica funzione qualunque essa sia.

La sua organizzazione e la sua struttura risponde alle esigenze dei cittadini? Chi svolge la funzione è preparato, responsabile, da prova di efficienza? Al di là dell’interesse dei singoli cittadini viene realizzato uno scopo più ampio, un interesse superiore della collettività che giustifica appunto la pubblica funzione? E’ ovvio che se si riscontrassero ritardi negligenze o insufficienze legate a mancanza di pubblica funzione, alla sua inadeguatezza, e a difetti di organizzazione, le istituzioni dovrebbero intervenire; ma chi può dire che la funzione notarile è carente sul territorio per mancanza di presenza dei notai o perché i cittadini per fare un atto di vendita o di donazione devono aspettare 6 mesi come succede per es.

nel servizio sanitario per una TAC? o che dai nostri studi non provengano con regolarità e tempestivamente i flussi informatici necessari alla tenuta dei catasti e dei registri immobiliari, del registro delle imprese ed ad altre attività della P.A? Il numero dei giudici e le sedi dei Tribunali sono determinati in funzione del numero delle cause, del carico o meno di lavoro e dei tempi di risposta.

Per il notariato non viene minimamente preso in considerazione questo rapporto tra la domanda e il suo soddisfacimento, anzi c’è anche qualche illuminato che fa rilevare che se anche il numero dei notai è raddoppiato comunque il notaio è privilegiato perché rimane il numero chiuso.

Ovviamente deve esistere una logica proporzionalità nella definizione di questo numero tra domanda e organizzazione.

Certo è compito del legislatore verificare che da ciò non derivi un eccesso di costi per il cittadino, ma non si può ignorare che un problema di costi e anche molto alti rispetto alle altre libere professioni esiste per il notaio, che, proprio perché titolare di una Pubblica funzione, ha obblighi onerosi, deve aprire lo studio, deve attrezzarsi con strumenti informatici e necessita di personale.

E’ chiaro che un forte aumento del numero dei notai, con criterio esclusivamente demografico, che non valuti le differenti situazioni economiche del paese, porterebbe conseguenze assai gravi derivanti da un aumento di sedi improduttive e dalla insostenibilità per molti notai, soprattutto per i giovani notai, delle spese necessarie per l’esercizio della funzione.

Sappiamo tutti che si obbietterà da più parti che queste considerazioni non hanno ragione di essere, stante il reddito pro­capite della nostra categoria, ma una valutazione aggiornata e con dati disaggregati del reddito complessivo dei notai evidenzia, già sin d’ora, situazioni di difficoltà per un alto aumento di notai (almeno 1.500); non tenendo conto delle condizioni economiche in cui verrebbero inserite nuove sedi queste situazioni non solo si aggraverebbero ma aumenterebbe di numero.

Dai dati repertoriali ora disponibili (mi riferisco al 2013) risulta che ben 1.116 notai hanno conseguito onorari di repertorio al di sotto di 50.000 euro e tra questi ben 816 avrebbero diritto all’integrazione.

La recente e nota indagine dell’Agenzia delle Entrate ha evidenziato che a fronte di una media annuale di 233.000 euro il 53,4% dei notai ha realizzato un reddito netto di imposte di 47.079 euro e più della metà di questi un reddito netto di 22.415 euro (1.867 euro al mese).

Noi ci confrontiamo solo con i dati dei repertori che pure sono eloquenti ma i dati dei PIL regionali rendono con maggiore evidenza le differenti situazioni economiche.

Richiamo qui alcuni dati relativi al PIL pro­capite delle Regioni che possono meglio far comprendere quanto sia priva di senso una proposta che non tenga conto per ogni zona del riferimento alla quantità degli affari.

Cito solo a titolo di esempio che il PIL pro­capite per il Trentino Alto Adige per il 2014 è stato di Euro 37.665, per la Lombardia di Euro 35.770 mentre per la Puglia è stato di Euro 16.336, per la Campania di Euro 13.335 e per la Sicilia è stato di Euro 16.283.

Il divario tra la regione più ricca Trentino Alto Adige e la più povera Calabria (15.807 euro) è stato di quasi 22.000 Euro del PIL pro­capite.

La rinunzia al parametro reddituale nella definizione della tabella delle sedi notarili rischia pertanto di creare, come ho già detto, da un lato sedi improduttive e dall’altro sedi ricchissime aggravando la già attuale concentrazione del PIL notarile in una percentuale di notai tra il 20 e il 25%, causa non ultima delle nostre recenti preoccupazioni e – riconosciamolo – della scarsa simpatia di cui il Notariato gode.

Faccio rilevare altresì che gli effetti sulla nostra previdenza sarebbero a dir poco catastrofici e in questo campo li constateremmo a tempi non lunghi a cominciare dal primo bilancio attuariale che dimostrerebbe all’evidenza come il numero di notai portato a 10.000 o 12.000 determini la insostenibilità del nostro sistema previdenziale solidaristico e apra la strada ad un sistema contributivo e individualistico che abbasserà, per la quasi totalità dei notai, i trattamenti previdenziali.

Credo anzi che sarebbe stato opportuno per la Cassa predisporre un bilancio attuariale “sperimentale” con la previsione di 12.000 notai e sottoporlo all’attenzione degli organi vigilanti (Ministero del Lavoro e COVIP) per illustrarne le risultanze devastanti.

Non possiamo, signori Presidenti, accettare l’eliminazione del parametro economico che è un elemento imprescindibile nella individuazione delle sedi e dei posti in tabella! Anche l’On.le EPIFANI l’aveva riconosciuto.

Infine qualche considerazione sul problema della concentrazione del lavoro e sulle forti diseguaglianze di reddito dei notai.

Ritengo che sia necessario introdurre la misura del “tetto repertoriale” (Repertorio medio nazionale) già auspicato in Ordini del giorno approvati da precedenti Congressi, prevedendo che oltre un certo tetto si associ un collega con repertorio inferiore a detto limite; tuttavia è assolutamente necessario che da parte del Consiglio Nazionale e della Cassa Nazionale del Notariato si studino le misure opportune per incentivare l’associazione tra notai o addirittura di una società tra notai anche di capitali ma solo tra notai e non interprofessionale, che potrebbe permettere una più equa ripartizione del lavoro con l’ingresso nelle associazioni o nelle nuove società dei notai più giovani.

In Francia una soluzione di questo genere è già stata adottata dal Consiglio Superiore.

Faccio rilevare ancora che è necessario nel perdurare di questa situazione economica promuovere e accrescere il livello di Welfare per i giovani notai.

L’ultimo bilancio di previsione della Cassa indica una spesa per assegni di integrazione di 1.350.000 euro che rappresenta lo 0,531 delle entrate contributive.

E’ una percentuale veramente bassa.

Pensioni.

Auspico anche che il Consiglio della Cassa essendo il blocco delle perequazioni delle pensioni perdurante dal 2010, tenuto altresì conto della sentenza della Corte Costituzionale n.

70/2015 che ha evidenziato come il meccanismo perequativo non possa essere sospeso a tempo indeterminato, consideri una possibile reintroduzione della perequazione delle pensioni ai sensi dell’ultimo comma dell’articolo 22 del regolamento di previdenza con decorrenza dal 1° gennaio 2016.

Gli attuali indicatori e le risultanze del bilancio preventivo 2015 consentono di riprendere la perequazione nella misura che il Consiglio riterrà possibile ai fini della sostenibilità.

Grazie e buon lavoro.

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