In fuga dal Notariato

Sempre meno le vocazioni notarili. Alcune riflessioni estemporanee sulla notizia.

“La voce ormai corre: è crisi di vocazioni per i notai. Quella che ancora in un recente passato è stata una delle professioni più ambite dai laureati in legge conosce una diminuzione senza precedenti dei praticanti. Nel 2012 avevano raggiunto la cifra significativa di 1.211 unità, ma nel giro di quattro anni la discesa è stata vorticosa: siamo a quota 425. Quasi un terzo. L’anno dell’inversione a U è stato il 2013 in cui si sono persi 600 praticanti e nel triennio successivo altri 200.”

[fonte: Corriere della Sera – 20/02/2017 – Ascesa e declino del notaio: tracollo di iscritti]

 

 “Tra le tante crisi c’è anche quella delle “vocazioni” notarili, un settore che registra : cali fino al 70% rispetto al 2010. Le iscrizioni alla pratica notarile hanno subìto cali vertiginosi tra il 2010 e il 2016. A Roma -56.67%, a Milano – 34.78% a Torino la diminuzione supera il 70%. è pur vero che il trend colpisce anche le iscrizioni alla facoltà di Legge con una diminuzione del 35% degli iscritti nel 2016 rispetto al 2012″ […] “I dati relativi ai praticanti notai confermano come la professione abbia perso appeal. Il fattore principale è l’incertezza sui tempi: il concorso dovrebbe essere indetto ogni anno, in realtà ne passano in media due. Sono altrettanto incerti i tempi di correzione delle prove scritte e l’attesa tra la fine delle prove orali e l’approvazione della graduatoria: dal giorno dell’esame orale al giorno in cui si ottiene il sigillo passa circa un anno. Chiaramente i tempi hanno un costo. per questo Federnotai, il Sindacato dei notai italiani, ha elaborato una serie di proposte per l’accesso alla professione. Tra cui l’abolizione del limite delle tre consegne, la reintroduzione di una preselezione, il ripensamento della struttura e del funzionamento della Commissione esaminatrice e strumenti per rendere nuovamente appetibile la scelta della pratica notarile, un tempo compiuta dai laureati più curiosi e motivati e oggi snobbata.”

[fonte: Industria e Finanza – 22/02/2017 – “Vocazioni” notarili tira aria di crisi]

 

L’incertezza sui tempi non è una novità, dura almeno dai primi anni del dopoguerra.

Allora la pratica  notarile durava due anni interi, da iniziare dopo il conseguimento del diploma di laurea ed il concorso veniva indetto ogni due anni, i tempi di correzione erano in linea con quelli attuali.

 Chi scrive ha cominciato la pratica notarile nella primavera del 1953, non ha potuto partecipare al primo concorso indetto dopo quella data per non aver ancora  completato il biennio di pratica. Il concorso successivo è stato indetto con D.M. 15 dicembre 1956; le prove scritte si sono tenute nel 1957 e quelle orali si sono concluse nel dicembre dell’anno successivo. Il decreto di nomina è stato firmato il 7 aprile 1959.

Erano trascorsi intanto 6 anni.

 All’epoca non se ne faceva una tragedia e oltre tutto non si contestavano i verdetti delle commissioni esaminatrici che, credo, non sia l’ultimo fattore di allungamento dei tempi.

 La cadenza biennale nel bando dei concorsi aveva anche i suoi pregi.

Il concorso notarile è riconosciuto come uno dei più impegnativi, e non è detto che si possa vincerlo al primo tentativo. La cadenza biennale concedeva a chi non avesse superata la prima prova un periodo ragionevolmente tranquillo per perfezionare la  preparazione.

Ridotta la cadenza ad annuale il candidato che non supera il primo concorso è continuamente inseguito dai successivi e non troverà mai il tempo di rivedere con la necessaria serenità la sua preparazione e nemmeno quello di digerire il trauma del fallimento.

 Credo che la ragione della diminuzione delle vocazioni al notariato vada ricercata altrove: nella sottrazione di competenze, nella previsione di improvviso raddoppio del numero delle sedi notarili, con conseguente riduzione di utili, nell’abolizione della previsione di una minima produttività di cui in altro articolo di questo sito abbiamo cercato di individuare una giustificazione causale, il rischio che si riparli di estensione delle competenze notarili ad altre categorie professionali, ecc.

 

 “I notai debbono conseguire la laurea in giurisprudenza, ed attender per due anni alla pratica presso un notaio, e dopo sostenuto l’esame teorico-pratico attender e chi sa quanto altro tempo per avere il posto vacante per potersi situare in qualche modo, che prospettiva si presenta loro?

La prospettiva di uno stipendio di duemila lire [riferimento alla previsione di un minimo di redditività della sede – n.d.r], perché spesse volte, in molti casi, nei posti di minore importanza lo stipendio garantito dall’attuale disegno di legge è di duemila lire. E le pare possibile che un giovane che ha studiato, un giovane di’ ingegno, un giovane colto, vada a perdere la propria giovinezza, vada a studiare due anni ancora senza guadagnare, senza certezza del posto, ed attenda l’ora della chiamata, e non si dedichi piuttosto a qualche altro impiego ed a qualche altra professione più rimunerativa?”

 

Il testo virgolettato è tratto dall’intervento dell’on. De Benedictis nella discussione alla Camera dei Deputati sul progetto di legge che poi sarebbe diventata la Legge Notarile del 1913 (Atti parlamentari – Camera dei Deputati – Legislatura XXIII I sessione – tornata del 7 febbraio 1913,  pag. 22626).

L’on De Benedictis poneva la domanda al Ministro di Grazia e Giustizia per contestare la norma contenuta nel progetto di legge, che imponeva il conseguimento della Laurea come presupposto per la partecipazione ai concorsi notarili, ma il ragionamento è applicabile alla situazione che per il notariato si va prospettando.

La lettura dell’intera discussione sul progetto di legge notarile del 1913, sarebbe stato un utile esercizio per chi ha proposto e chi ha dibattuto sul DDL Concorrenza. 

 

1913_02_07_atti_parlamentari_della_camera_dei_deputati.pdf

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